In occasione della novantesima primavera di uno dei fondatori del gruppo rocciatori Gransi, vi riportiamo nel clima dell’alpinismo dolomitico del dopoguerra, attraverso l’affascinante storia del “Coco”
Intervista ad Aldo Zammatio
di Carlo Piovan; intervista del 18/12/2013
La storia è piena di autodidatti che hanno cambiato il mondo: George Washington, Leonardo da Vinci, Galileo, Guglielmo Marconi solo per citarne alcuni. Determinazione, grande entusiasmo e assoluta tenacia, sono le caratteristiche che accomunano questi uomini.
Aldo Zammatio, anche se non è stato presidente degli Stati Uniti d’America o non ha inventato il telegrafo, non si può dire sia da meno. Nella sua vita di alpinista si ritrova la stessa determinazione e l’entusiasmo per la montagna e l’alpinismo dei grandi autodidatti della storia, caratteristiche che porteranno lui ed il suo maglione blu con il “granso” bianco ricamato sul braccio sinistro lungo le grandi salite di sesto grado degli anni ‘50.
E’ stato affascinato fin dalla giovane età dalle “terre alte”, complici anche le sue radici Avianesi (Pn) Da ragazzo, infatti, nel periodo della fienagione passava le estati sui pascoli. Il battesimo alpinistico di Aldo avverrà nel 1947 lungo i camini della via comune alla Cima Piccola di Lavaredo. Nessun maestro ma solo tre amici ed una corda lunga venti metri , lo porteranno a misurarsi con la sua prima salita alpinistica in montagna. Solo un occhio attento alle altre cordate presenti, cercando di carpirne tecniche e segreti di progressione ed assicurazione saranno le conoscenze che consentiranno alla cordata di Zammatio e compagni di compiere l’ascensione. Quel giorno Aldo, sarà l’unico della compagnia a superare il camino Innerklofler alla Piccola e salire fino in cima. Come cantava il coro dell’Antoniano in una vecchia canzone dello Zecchino d’oro, “l’importante è fare il primo passo!”
Al quale succederanno altri, sicuri e veloci. Lo stesso anno, procuratosi una corda in manilla lunga 40 metri e da 12 millimetri di diametro, si presenterà nuovamente all’attacco della Piccola di Lavaredo per salire la via comune. A questa seguirà la salita della via normale alla Cima Grande di Lavaredo, della Helversen alla Cima Piccola di Lavaredo e dalla via comune alla Torre Venezia. Oggi, in piena epoca di tablet e telefoni cellulari multifunzione, l’accessibilità alle informazioni necessarie per un salita alpinistica può avvenire nella maggior parte dei casi in tempo reale, ma nel secondo dopo guerra avere informazioni dettagliate per un’ascensione non era affatto scontato. “Nel 1947 la Helversen alla Piccola di Lavaredo l’ho salita con una cartolina con il tracciato, in mano, salendo da dietro fino alla f.lla tra la Piccola e la Punta Frida, per roccette e poi lungo i camini finali in cima “
Concluderà la stagione con la scalata della via normale alla Torre Venezia in cordata con Nino Rossitto. Quel giorno, aiuterà in discesa due muranesi, Primo e Sesto i quali, sbagliando nella parte finale, verranno appunto recuperati e riportati sulla giusta linea di discesa proprio da Aldo e Nino. Per sdebitarsi dell’aiuto offerto regaleranno due chiodi ad Aldo: “Erano i primi chiodi che ricevevo, ma in vita mia non ne ho piantati molti”.
L’incontro fra Aldo e Nino era avvenuto nella palestra di roccia di Santa Felicita (Bassano del Grappa), storico luogo di incontro e allenamento di generazioni di alpinisti veneti. Onnipresente in valle, Nino chiacchierava con tutti ed era benvoluto per il suo modo simpatico di intrattenere amici e scalatori con barzellette e storielle divertenti. Trovando in Aldo un valente capocordata, condurranno assieme diverse arrampicate in Dolomiti.
Aldo trascorreva le primavere ad allenarsi in palestra di Santa Felicita e sfruttava ogni momento libero per prepararsi ai progetti estivi. Anche di notte, se non c’era altro tempo. “Una volta ricordo che con Giuseppe Creazza siamo arrivati in palestra di sera perché lui non aveva tempo di giorno. Prima dell’alluvione del 1966 si poteva arrivare fino sotto le pareti con l’auto e Creazza voleva lasciare i fari accessi dell’auto per meglio illuminare le pareti, ma i fari non illuminavano nemmeno la base delle pareti. Fortunatamente li abbiamo spenti,altrimenti si sarebbe scaricata velocemente la batteria dell’auto e non saremo più ripartiti. Nonostante la scarsa la visibilità siamo saliti lo stesso, grazie pure ad una piccola pila che avevo in tasca. Una volta completato il tiro ho dovuto aspettare più di un’ ora perché salisse anche Creazza. Terminato di arrampicare siamo corsi all’automobile e siamo rientrati di notte a Venezia. All’epoca abitavo alla Giudecca ed ho dovuto aspettare un’ora alle Zattere perché non c’era ancora il vaporetto per traghettare e quella mattina avrei dovuto iniziare il lavoro alle 7 e 30!”
A partire dal 1955 Aldo inizierà ad inanellare una serie di ascensioni, impegnative per l’epoca, assieme ad alcuni compagni di cordata quali Vittorio Penzo, Gianni Franzoi, Angelo Lacchin, Renato Gobbato, Dino Toso, Ada Tondolo, Nino Rossitto. Con questi, ed altri ancora, Aldo fonderà poi il Gruppo Rocciatori Gransi. “Gli ideatori di questo gruppo sono stati i Muranesi, che sulla scorta dell’amicizia con gli Scoiattoli, ebbero l’idea di creare un gruppo similare affine. Io inizialmente non ero molto d’accordo sulla connotazione elitaria del gruppo, ma poi accettai. Inizialmente eravamo 15/16 e per l’ammissione era stato steso uno statuto ideato principalmente da Miagostovich e Lazzarini. Per entrare a far parte del neonato Gruppo Gransi bisognava esibire un curriculum di tutto rispetto ed aver partecipato alla Scuola di alpinismo come istruttore o come aiuto. Inizialmente il gruppo era autonomo. I pullman che organizzavamo erano sempre strapieni ed anche per questo ad un certo punto dalla sezione del CAI di Venezia venne posto un monito al gruppo riguardo i soldi che gestivamo per organizzare le gite. Questi soldi, ci dissero, non erano nostri e quindi avrebbe dovuto essere la sezione ad organizzare le uscite. Fatto sta che con noi c’era sempre la massima affluenza. Se con loro non fosse stata altrettanto elevata? Ad ogni modo poi tutti questi problemi sono stati superati.
Qualche anno dopo aver smesso di arrampicare, a seguito di un incidente mortale di un ragazzo che aspirava ad entrare nel gruppo, sono emerse delle discussioni e delle tensioni interne tanto che l’attività del gruppo stesso si è fermata Ma non definitivamente. Il Gruppo Gransi infatti è rinato nell’85/86 soprattutto grazie soprattutto all’impegno di Franzoi. Fu in quel periodo che entrarono a far parte del Gruppo praticamente tutti i più forti arrampicatori veneziani.
Giorgio Sent (Pepo), fedele al suo compito di trovare un soprannome per tutti, battezzerà Aldo con il soprannome di Coco.
“Un anno eravamo saliti con Franzoi (Gianni) e altri a San Martino di Castrozza. Io la sera ero stato a ballare e la mattina seguente mi ero svegliato tardi trovandomi da solo, mentre il resto del gruppo era già salito verso la Cima di Val di Roda per scalarla lungo la via normale. Saranno stati i piedi che “ballavano” ancora dal giorno prima ma, non so come, sono riuscito a raggiungerli quando loro si trovavano alla prima lunghezza e stavano sbagliando via. Mi son messo a scalare per raggiungerli e, dopo averli riportati sulla via giusta, ho proseguito da solo fino in cima.”
Aldo arrampica sulla via Comici Dimai, alla Cima Grande di Lavaredo
Dal 1957 in poi e per diversi anni Aldo inanellerà una serie di fortunate stagioni durante le quali darà prova delle sue qualità di grande sestogradista, seppur autodidatta. Nel ‘57 salirà la parete della Sisilla lungo la via Soldà con Gianni Franzoi, nel ‘58 sarà la volta della Solleder al Sass Maor con Dino Toso e della Cassin alla Piccolissima di Lavaredo con Vittorio Penzo. L’anno d’oro nel sarà però il 1959. “Sono partito il venerdì sera, il sabato abbiamo salito la Carlesso alla Torre di Val Grande con Renato Gobbato, poi siamo andati in Tre Cime di Lavaredo con Vittorio e abbiamo salito la Helversen, il giorno dopo abbiamo salito lo spigolo Demuth alla Ovest, il giorno dopo la Comici alla Nord della Cima Grande Abbiamo fatto un giorno di riposo e poi via sulla Comici-Casara alla Cima d’Auronzo ed il giorno dopo la Preuss alla Grande, questa volta in compagnia di una ragazza. Era settembre, ma sino ad allora avevo scalato solo in palestra a causa di troppi impegni di lavoro!”
Aldo concluderà il mitico 1959 con la prima salita invernale al Monte Duranno lungo lo spigolo Sud sud est (via Cozzi – Zanutti). “L’idea è stata di Miagostovich Siamo andati in esplorazione la domenica precedente per vedere dove salire ed in quella circostanza abbiamo visto che si poteva fare una prima base presso i ruderi di Malga Pezzei, non lontana dell’attuale rifugio Maniago. Siamo partiti il venerdì sera e siamo arrivati a Erto di notte. Poi, sfruttando il chiaro di luna siamo risaliti a Malga Pezzei con tutto il materiale e con una tenda per 4 persone del peso di 14 kg! Vi abbiamo dormito in sei e ricordo un gran caldo, ad esclusione di quella parte del corpo che toccava direttamente il suolo. Il sabato mattina siamo risaliti fino alla forcella, con non poca fatica vista la quantità di neve. Arrivati in forcella abbiamo piantato la tenda e siamo salito lungo la cresta per vedere le condizioni. Abbiamo scartato la via comune e abbiamo optato per lo spigolo Cozzi, salire lungo il quale siamo saliti io e Penzo. La cresta era in buone condizioni, con poca neve. Dalla cima con uno specchietto abbiamo fatto un segnale agli amici che ci aspettavano alla tenda. Siamo discesi per più di 2000 metri di dislivello fino ad Erto e da li in auto siamo rientrati finalmente a Venezia.”
Bivacco alla base del Duranno
Aldo arrampicherà fino al 1974, portando a termine altre salite di prim’ordine tra cui il Pilastro di Rozes lungo la via Costantini Apollonio con Renato Gobbato e la Cima d’Ambiez per la Fox Stenico con Vittorio Penzo. ed In più, un soccorso assai complicato nel gruppo delle Pale di San Martino.
“Un settembre Franzoi aveva radunato i migliori allievi dell’ultimo corso roccia per delle salite in Pale di San Martino. Eravamo andati anche io e Vittorio (Penzo) con il quale avevamo salito la Cima Zopel. Io con Lorenzo Zambon e Vittorio con Giorgio Nenzi. Lungo la discesa, non particolarmente difficile, verso la banca delle Fede io ero avanti con Zambon. Dopo esserci abbassati cinquanta metri sentiamo un rumore di sassi: era Giorgio, seguito da Nicola (da dove spunta fuori questo Nicola? Prima non lo hai citato), che cadevano travoltio da una scarica di sassi, che avevano rotto il casco di Nicola (a quei tempi fu il primo ad usarlo). Prestati i primi soccorsi iniziammo a portarlo giù a spalla, frattempo mentre uno del gruppo intanto era sceso di corsa al rifugio Mulaz a chiamare aiuto.. Solo dopo un paio di ore arrivata riuscimmo a disporre di una barella. Volevamo portarlo giù per il canalone ma scaricava sassi, cosi abbiamo deciso di salire per il passo delle Farangole Nel frattempo però si era fatta notte e mentre gli altri si sono fermati a bivaccare io sono sceso al rif. Mulaz per risalire poi alle farangole il giorno seguente. Nel frattempo erano scesi 20 centimetri m di neve! Il giorno dopo siamo tornati su alle Farangole e l’abbiamo calato fino al rifugio Mulaz dove finalmente sono arrivate le squadre di soccorso.”
Sulla via Carlesso alla Torre di Valgrande
Nel 1974 Aldo si sposerà e successivamente avrà due figli. Ma non sarà la famigli a fermare la sua attività alpinistica: sarà un’ulcera gastrica che lo bloccherà per quasi vent’anni. Riprenderà ad andare in montagna solo dopo aver maturato la pensione e lo farà assieme a vecchi compagni di cordata come Ada Tondolo, …Lacchin, …Barison, …Tagliapietra e altri ancora.
Aldo oggi è un decano del Gruppo Rocciatori Gransi, sempre presente alle riunioni del gruppo. S interpellato non manca di far uscire magicamente dalla tasca qualche vecchia foto a cui son legati interessanti aneddoti croda dei suoi trascorsi crodaioli. Continua a seguire l’alpinismo contemporaneo attraverso le letture e, come tanti altri arrampicatori, anche lui annovera qualche salita mancata, come ad esempio la Cassin alla Torre Trieste o la Soldà alla Marmolada. A proposito di quest’ultima ancora oggi ricorda sorridendo che “…fortunatamente alle tre di notte è iniziato a piovere”.
Il suo “viatico” per i giovani?
``Diventare vecchio, è il miglior augurio per chi inizia ad arrampicare. Poi ognuno è libero di fare il proprio alpinismo``
Principali Salite
1947 Cima Piccola di Lavaredo via normale (I arrampicata)
1947 Cima Piccola di Lavaredo via normale (II arrampicata)
1947 Cima Grande di Lavaredo via normale
1947 Cima Piccola di Lavaredo Helversen _Innerkofler
1947 Torre Venezia via normale
1955 Cima Piccola di Lavaredo Spigolo Giallo con Angelo Lacchin (tiraca)
1955 Torre Venezia via Castiglioni con Angelo Lacchin (tiraca)
1957 Torre Venezia via Tissi con Nino Rossito
1957 Sisilla via Soldà con Gianni Franzoi (I° salita Veneziana)
1958 Sass Maor via Solleder con Toso Dino
1958 Cima Piccolissima di Lavaredo via Cassin con Vittorio Penzo (I° salita Veneziana)
1959 Torre di Valgrande via Carlesso Menti con Renato Gobbato (bagnin) (I° salita Veneziana)
1959 Cima Grande di Lavaredo Comici Dimani con Vittorio Penzo (I° salita Veneziana)
1959 Cima d’Auronzo Comici Casara con Vittorio Penzo (I° salita Veneziana)
1959 Monte Duranno spigolo Zanetti Cozzi, prima invernale con Vittorio Penzo
1961 Punta Frida Comici Fabian con Giuseppe Creazza e Patrizio
1961 Punta Frida Comici Fabian con Ada Tondolo
1961 Pilastro di Rozes Costantini Apollonio con Renato Gobbato (I° salita Veneziana)
1962 Cima d’Ambiez Fox Stenico con Vittorio Penzo (I° salita Veneziana)
1962 Torre grande d’Averau Franceschi Costantini con Giuseppe Creazza.
L’articolo è stato pubblicato nel numero 43 di 1890 notiziario della sez. di Venezia del C.A.I.